[1] Cfr. F. Lapecorella, “Il dibattito sulla tassazione del risparmio nell’Unione Europea: dalla ritenuta armonizzata allo scambio di informazioni”, in Atti del convegno di studi I cento giorni e oltre: verso una rifondazione fisco-economia?, Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bari, allegato alla rivista Il fisco, 2002.
[2] Intesa in un’accezione ampia tale da comprendere non solo la tassazione dei frutti dell’investimento, il livello di imposizione ma anche agli oneri di tipo amministrativo che gravano sugli operatori finanziari. Inoltre secondo l’opinione di Tagi, per un’efficiente allocazione delle risorse mobiliari è necessario che i costi siano i più bassi possibili, cfr. G. TagI, “La tassazione delle rendite di capitale è ancora attuale?”, in Banche e banchieri, n. 1, 2001.
[3] Cfr. V. Pontolillo, “La tassazione del risparmio e l’integrazione monetaria europea”, in Economia italiana, Banca di Roma, 1999, 1, p. 123.
[4] Cfr. A. Di Majo, “Alcuni elementi per una riforma della tassazione delle attività finanziarie”, in “La tassazione delle attività finanziarie”, a cura di G. Muraro e N. Sartor, 1995, p. 190; M. C. Panzeri, “La nuova fiscalità del risparmio: razionalizzazione e prospettive”, in Rassegna tributaria, n. 6, 1998, p. 1471; V. Ceriani, “Tendenze internazionali nella tassazione del risparmio”, in Rassegna Tributaria, n. 4, 2004.
[5] Per un esame critico degli effetti dell’imposta “generale” sui redditi in questo senso, cfr. S. Steve, “Lezioni di scienza delle finanze”, Padova, 1976.
[6] Non tutti gli Stati membri dell’UE, com’è noto, hanno aderito completamente all’UME, riservandosi di accedervi in un secondo momento. E’ questo il caso del Regno Unito, che non ha ancora adottato la moneta unica europea, l’euro. L’UME è, in tal senso, un tipico esempio della cd. “Europa a due velocità”, concetto che trova riscontro anche nel recente trattato costituzionale europeo.
[7] Cfr. G. Tremonti, “Tassazione delle attività finanziarie e libera circolazione dei capitali”, in “La tassazione delle attività finanziarie”, a cura di G. Muraro e N. Sartor, 1995, p.179-180; A. Di Majo, cit., 1995.
[8] Cfr. G. Tremonti, cit., 1995.
[9] Come ulteriore causa, giuridica, del fallimento delle proposte europee in materia di tassazione del risparmio è la regola dell’unanimità dei consensi.
[10] Cfr. G. TremontI, cit., 1995, p. 180.
[11] L’eliminazione delle barriere fisiche e fiscali, l’introduzione della moneta unica, la libera circolazione dei fattori produttivi (lavoro, capitali, merci) sono aspetti che accomunano l’Unione Europea con la situazione degli USA e che, secondo gli autori, ne giustificano la comparazione. Cfr. V. Tanzi, H. H. Zee, “Consequences of the economic and Monetary Union for the coordination of tax systems in the European Union: lessons from the U.S. experience”, IMF Working papers, August 1998.
[12] Cfr. V. Tanzi, H. H. Zee, cit., 1998, p. 5.
[13] Cfr. V. Tanzi , H. H. Zee, cit., 1998, p. 21: “All these factors suggest that the need for exlicit coordination will likely be stronger in the EU than in the United States ”. Nello stesso senso, V. Pontolillo, cit., 1999, p. 124.
[14] La recente direttiva sugli interessi fa proprio questo orientamento, ponendo come base della tassazione transfrontaliera degli interessi il sistema dello scambio di informazioni. V. infra, § 2.3. di questo capitolo.
[15] Cfr. G. Tremonti, “Il sistema fiscale europeo: un’analisi istituzionale”, in Le imposte del 1992, a cura di A. Majocchi e G. Tremonti, p. 51.
[16] Si tratta di un’istituzione chiaramente ispirata alla struttura e alle modalità di funzionamento del WTO (World Trade Organization) e dell’IMF (International Monetary Fund) che potrebbe operare al loro interno con finalità proprie e di coordinamento fiscale internazionale. La proposta di Tanzi, non ha tuttavia (ancora) raggiunto la fase della vestizione politica, rimanendo, ad oggi, una soluzione accademica. Cfr. V. Tanzi, “Globalizzazione e sistemi fiscali”, Banca Etruria, 2002, p. 108.
[17] Cfr. il recente rapporto “Towards Global Tax Cooperation. Progress in Identifying and Eliminating Harmful Tax Practices”, in cui sono prospettate delle misure di contrasto alla concorrenza fiscale dannosa.
[18] COM (89) 60 def.
[19] In particolare, forte è stata l’opposizione del Lussemburgo.
[20] Cfr. V. Pontolillo, cit., 1999, p. 136.
[21] La perdita di gettito avrebbe in tal senso inasprito il trattamento fiscale dei redditi meno mobili, in primo luogo quelli da lavoro, con effetti negativi dal punto di vista dell’equità tributaria. Cfr. V. Pontolillo, cit., 1999, p. 136.
[22] Il Consiglio ECOFIN è il Consiglio composto dai Ministri economici europei.
[23] COM (9
295 def.
[24] E’ opportuno rilevare che nel 1989 il Mercato Unico non esisteva ancora.
[25] Cfr. M. Monti, “The climate is changing”, in “EC Tax Review”, n. 1, 1998.
[26] Cfr. V. Pontolillo, cit., 1999, p. 142.
[27] Questi ultimi erano, tipicamente quelli con segreto bancario: Lussemburgo, Austria, Belgio, Portogallo, Grecia.
[28] Questo termine è stato fonte di equivoci durante la discussione della direttiva. Infatti, nella terminologia anglosassone per paying agent si intende il primo degli intermediari, quello che effettua il primo pagamento per conto dell’emittente. Individuare questo come titolare degli obblighi della direttiva avrebbe significato porre a suo carico il compito di ripercorrere tutta la catena di pagamenti, identificando tutti i successivi passaggi fino al beneficiario finale. In sostanza, non sarebbe stato molto diverso dal porre gli adempimenti a carico dell’emittente (debitore): si sarebbe eliminato solo il primo passaggio.
[29] La stessa Commissione Europea era consapevole di tale possibilità, considerando indispensabile accompagnare l’operatività della direttiva alla stipulazione di accordi con i principali Paesi extraUE (soprattutto Usa e Svizzera), a cui estendere le previsioni comunitarie. Cfr. V. Pontolillo, cit., 1999, p. 143.
[30] Gli Stati interessati ad applicare la ritenuta si dichiararono, in principio, non contrari a discutere una forma di revenue sharing, ma sollevarono obiezioni su un altro aspetto della direttiva. Era previsto che il risparmiatore avrebbe potuto evitare la ritenuta se avesse scelto di dichiarare gli interessi al fisco del suo Stato di residenza (voluntary disclosure). La procedura era però giudicata complessa e molto costosa dal punto di vista amministrativo.
[31] Era però difficile concedere l’esenzione agli eurobonds, data la difficoltà di individuare una definizione precisa degli stessi.
[32] Queste clausole prevedevano la possibilità per il detentore di chiedere all’emittente il rimborso delle eventuali ritenute alla fonte che fossero state introdotte successivamente all’emissione. Ad essa si accompagnava l’alternativa, per l’emittente, di rimborsare anticipatamente l’intera emissione alla pari. Dato il disallineamento rispetto ai prezzi di mercato, si sarebbero potute determinare forti minusvalenze per i detentori.
[33] Dicembre 1999.
[34] Solo Austria, Belgio e Lussemburgo annunciarono l’intenzione di applicare il sistema della ritenuta nel periodo transitorio. Tutti gli altri Stati membri dichiararono di optare per lo scambio di informazioni. Anche gli Stati in fase di accesso all’UE avrebbero dovuto adottare lo scambio di informazioni.
[35] Cfr. G. Ancidoni, “La proposta di direttiva comunitaria e le prospettive della fiscalità del risparmio”, Assiom, Milano, 6 giugno 2001.
[36] COM (2001) 400 def.
[37] Il cd. beneficiario effettivo, previsto all’art. 2.
[38] I primi 3 anni, dal 2005 al 2008.
[39] Per garantire la parità di trattamento, l’esenzione è stata estesa a tutti i titoli obbligazionari negoziabili. Cfr. l’art. 15 della direttiva.
[40] I punti sui quali vi è accordo riguardano: l’imposizione della ritenuta sugli interessi percepiti da residenti UE sulla base del principio dell’agente pagatore; revenue sharing con i paesi di residenza; accettazione della voluntary disclosure; disponibilità a fornire informazioni su richiesta in casi di reato fiscale, sulla base del principio della “doppia incriminazione”(entrambi gli ordinamenti devono configurare il comportamento come illecito penale).
[41] Consolidata è l’opinione secondo cui essa sia fonte di inefficienze allocative.
[42] Cfr. M. C. Panzeri, “La riforma della tassazione del risparmio: criteri di delega ed effetti sul sistema della finanza”, in Diritto e pratica tributaria, I, 2002 p. 704.
[43] Cfr. F. Lapecorella, cit., 2002, p. 293.
http://rivista.ssef.it/site.php?page=20041201161339998&edition=2004-10-01